Psicologia canina
Io da solo non ci rimango!!!
Uno dei problemi comportamentali più seri per i proprietari di cani è la difficoltà di lasciare solo il proprio compagno a quattro zampe. L’incapacità di gestire la solitudine si può manifestare secondo diverse modalità, il cane può cioè:
– abbaiare e/o ululare
– distruggere e/ rosicchiare oggetti
– fare i bisogni in casa
– leccarsi o mordersi fino a provocarsi ferite (autolesionarsi)
Questi comportamenti possono essere più o meno intensi a seconda della gravità del problema, e possono verificarsi anche in modo combinato. Vale a dire che ci sono individui che si limitano ad abbaiare e individui che invece manifestano contemporaneamente più di un comportamento sopra elencato.
E’ importante sottolineare che esiste una lunga letteratura sui problemi da separazione e che esistono diverse scuole di pensiero sia nella definizione del problema che nella terapia necessaria alla risoluzione. In questa sede si descriverà il fenomeno in modo generico affinché sia comprensibile a tutti.
Il primo passo è capire se si tratta di un vero e proprio problema comportamentale oppure no: ad esempio, se il cane rimane solo 12 ore al giorno potrebbe passare il tempo facendo buche in giardino o distruggendo oggetti. L’animale in questione potrebbe non soffrire di un problema da separazione, ma semplicemente affrontare “da cane” la noia, trovare un modo per distrarsi ed impegnarsi fisicamente e psicologicamente; probabilmente rimarrebbe tranquillo se l’intervallo di tempo in cui è lasciato solo non oltrepassasse le 6-7 ore.
Il secondo passo, una volta appurato che si tratta di un vero e proprio disturbo del comportamento, è capire che l’animale vive un disagio e che si comporta in un certo modo per alleviare la sua “sofferenza” (un uomo nei momenti di stress può mangiarsi le unghie, un cane rosicchiare il divano nuovo). Non si tratta di dispetti, né di comportamenti mirati a suscitare rabbia da parte del referente umano. Il dispetto è un atto cognitivo troppo complesso per un cane, la mente dei nostri amici è da questo punto di vista più elementare della nostra e non è stato provato che il cane sia in grado di ragionare in questi termini. La realtà è più semplice: il cane vive un momento psicologicamente difficile e mette in atto una serie di attività per trovare conforto.
Per un animale sociale la separazione dal resto del branco può mettere a rischio la stessa sopravvivenza. In natura stare insieme è fondamentale per difendersi dai pericoli, per cacciare, per crescere la prole etc. Ma il cane è diventato, attraverso lunghi processi di domesticazione, un animale in grado di adattarsi a vivere con l’uomo moderno. Ciò prevede che sia in grado di “sopravvivere” (nel senso di “vivere serenamente”) anche da solo per diverse ore al giorno. I cuccioli dovrebbero anche per questo essere abituati gradualmente a rimanere soli anche qualora non ce ne fosse stretto bisogno. Il distacco (dalla mamma e poi successivamente dal proprietario) è infatti un processo assolutamente indispensabile al corretto sviluppo psicologico del piccolo che, diversamente, potrebbe crescere come un individuo morbosamente dipendente ed insicuro.
Spesso i cani che soffrono di problemi da separazione si comportano in modo ossessivo anche durante la presenza del proprietario:
– seguono il proprietario ovunque, mal tollerando a volte che questi si chiuda in bagno per una doccia o esca per un minuto a gettare la spazzatura
– non riescono a dormire in una stanza diversa da quella in cui si trova il proprietario
– dormono sui letti e sui divani cercando continuamente un contatto fisico
– chiedono in continuazione ed in vario modo coccole e carezze
– si eccitano esageratamente al rientro del proprietario, saltando addosso, uggiolando, non riuscendo a salutare in modo equilibrato.
L’ansia da separazione si manifesta quando il cane vive in modo angoscioso la separazione dal suo referente affettivo umano. A volte bastano alcuni preparativi di routine (prendere la borsa e mettersi il cappotto prima di uscire) per scatenare l’ansia, in altri casi, invece, la messa in atto di strategie volte a richiamare l’attenzione del proprietario (abbaiare e /o uggiolare) o i comportamenti distruttivi compaiono dopo alcuni minuti dall’uscita del padrone.
Picchiare o sgridare il cane al rientro per aver raso al suolo il salotto è un tentativo poco efficace che si rileva il più delle volte controproducente. Per risolvere il problema bisogna capirne l’origine e porsi l’obiettivo di rendere il cane più autonomo e sicuro. Questo non è un problema di disciplina da risolvere con un atteggiamento autoritario. L’obiettivo finale, infatti, non è mettere in riga un cagnolino capriccioso, bensì aiutarlo a crescere e a maturare.
Durante la prima fase è bene organizzarsi in qualche modo ed evitare di lasciare il cane solo per lungo tempo. Bisognerà programmare bene la durata delle prime uscite che dovranno essere assolutamente molto brevi. Solo successivamente si potrà aumentare gradualmente l’intervallo di tempo in cui lasceremo l’animale solo.
Contemporaneamente, quando si è presenti, sarà opportuno ignorare le richieste del cane, si tratti di coccole, carezze, proposte di gioco. L’animale dovrà ricevere le attenzioni di cui ha bisogno quando sta a cuccia senza disturbare oppure è intento a fare altro che non sia pretendere un’interazione o un contatto. Si deve ricreare una sorta di solitudine “intermedia”: il cane non è solo, ma è come se lo fosse perché nessuno si accorge di lui. Questo atteggiamento è a volte difficile da attuare per il proprietario, ma non è affatto crudele per l’animale, al contrario: abituando il cane a non avere sempre il contatto che cerca in quel preciso momento, lo si allenerà gradualmente a sopportare la solitudine.
E’ importante essere sereni sia al momento dell’ uscita che al rientro. Parlare al cane, accarezzarlo, stargli vicino, rassicurarlo prima di uscire non farà che aumentare il trauma del distacco. L’obiettivo di far capire al cane che gli vogliamo bene, che non lo abbandoneremo e che torneremo presto a casa non avrà affatto un buon esito (ricordiamoci che i cani non parlano la nostra lingua…). Comportandoci in questo modo, quasi sentendoci in colpa di dover andare a lavoro, accentueremo lo stacco tra i momenti in cui siamo presenti e quelli in cui non ci siamo affatto.
Sarebbe utile chiudersi le porte alle spalle ad esempio quando andiamo al bagno, oppure, in modo graduale, se il cane è abituato a dormire con noi, spostare la sua cuccia fuori dalla stanza da letto (si fa così anche con i bambini…)
Questi consigli possono essere utili e non hanno alcuna controindicazione, basta metterli in pratica e provare. E’ bene sapere che alcune volte è necessario pianificare le strategie di intervento con l’ausilio di un educatore comportamentalista, ma in altri casi, quando la situazione è davvero grave è necessario l’intervento di un veterinario per la prescrizione di una terapia farmacologica da affiancare alla classica terapia comportamentale. In questo ultimo caso è necessaria una stretta collaborazione tra l’educatore ed il medico: la sola somministrazione di farmaci può infatti alleviare il sintomo ma non cura le cause del problema.